Un team di scienziati del Centro di ricerca biologica (CIB-CSIC) di Madrid ha sviluppato un nuovo processo che utilizza dei batteri per ottenere delle bioplastiche
La nuova procedura permette di avere delle bioplastiche a base PHA (poli-idrossi-alcanoati), mediante l’utilizzo di “batteri predatori” che estraggono i bioprodotti da altri batteri. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Scientific Reports a firma di Virginia Martínez, che ora lavora come ricercatrice nella società biotech danese Evolva, dopo aver collaborato con il centro di ricerca spagnolo.
Secondo la dott.ssa Martínez, esistono dei batteri che sono in grado di produrre e accumulare biopolimeri fino al 90% del loro peso, ma il materiale contenuto all’interno delle cellule è difficile da estrarre per fini industriali: per ovviare a questo problema vengono utilizzati prodotti detergenti e distruttori cellulari, ma il processo è poco sostenibile e poco efficiente, in termini di resa, costi e danni all’ambiente.
I ricercatori spagnoli hanno pensato di risolvere questo problema in modo semplice e geniale, affidando il compito di dissolvere il batterio produttore ad un batterio “predatore”, il Bdellovibrio bacteriovorus, modificato geneticamente per assolvere meglio questa funzione. Il processo messo a punto dal team del CIB è anche pulito dal punto di vista ambientale, poiché richiede un unico passaggio senza la necessità dell’utilizzo di prodotti dannosi e tossici.
Sempre secondo la dott.ssa Martínez, questa tecnica avrebbe già attirato l’interesse di alcune aziende, infatti potrebbe il metodo potrebbe essere utilizzato per la produzione di bioplastiche a fini commerciali o di qualsiasi altro composto intracellulare. Il processo e la sua applicazione sono innovativi: è la prima volta in assoluto che si decide di utilizzare una strategia basata su un batterio predatore come alternativa all’estrazione di prodotti intracellulari di interesse industriale.