La ricerca punta a migliorare la sostenibilità e le prestazioni dei reattori nucleari di IV generazione, favorendo il riciclo del combustibile già utilizzato per ridurre le scorie a lunga vita.
Il progetto PuMMA (Plutonium Management for More Agility), cofinanziato dal programma Euratom, si propone di valutare l’impatto dell’elevato contenuto di plutonio (circa il 40%) nel combustibile nucleare dei reattori veloci[1] e di esaminare le possibili implicazioni su sicurezza e prestazioni, ma anche gli scenari di integrazione della tecnologia con quelle attualmente in uso, per un nucleare sempre più sostenibile.
“Dall’uso del MOX, combustibile composto da una miscela di ossido di uranio e plutonio, è possibile ottenere un combustibile nucleare più sostenibile e disponibile in grandi quantità”, spiega Alessandro Del Nevo, responsabile della Divisione ENEA di Ingegneria sperimentale presso il Dipartimento Nucleare e referente del progetto. “Tuttavia, si tratta di un combustile del quale occorre continuare a studiare il comportamento per migliorarne la performance e garantire l’adeguata sicurezza dell’impianto”.
Le attività legate al progetto comprendono sia simulazioni attraverso modellazioni e software che analisi sperimentali. Per i test sono stati utilizzati dati già disponibili[2] su MOX ad alto tenore di plutonio, irraggiato e analizzato mediante esami distruttivi e non. “I risultati preliminari sono promettenti, ma dobbiamo migliorare i nostri modelli basati prevalentemente su dati di esperimenti su reattori tradizionali ad acqua” – chiarisce Del Nevo.
Nello specifico, ENEA contribuisce insieme ad altri sette partner del progetto PuMMA alle attività di simulazione e modellistica[3] per accrescere le conoscenze sul comportamento dei materiali utilizzati durante il funzionamento del reattore.
Le “pastiglie” di combustibile nucleare, impilate all’interno di barre cilindriche, rappresentano insieme alla guaina esterna della barra stessa, le prime barriere contro il rilascio di prodotti di fissione. “Capire come i materiali di cui sono composte le ‘pastiglie’ possono essere deformati o danneggiati dall’attività di irraggiamento è essenziale per aumentare l’affidabilità e prolungare la vita utile del combustibile, senza compromettere i margini di sicurezza” – aggiunge Del Nevo.
“Nel corso del progetto, un traguardo significativo è stato raggiunto replicando il comportamento del combustibile nucleare attraverso l’analisi FEM (Finite Element Method), la tecnica di simulazione che permette di calcolare il comportamento strutturale di un sistema complesso scomponendolo in un numero elevato di elementi che possono essere risolti in maniera più semplice” conclude Del Nevo.
Il progetto PUMMA ha anche cofinanziato il dottorato di ricerca di “Diego Jaramillo Sierra” del Politecnico di Milano, che si è svolto presso il Centro Ricerche ENEA del Brasimone (Bologna).
[1] I reattori nucleari sono generalmente classificati per “generazione” (I, II, III, III+ e IV) sulla base delle caratteristiche chiave che hanno determinato lo sviluppo e il loro impiego a livello industriale. I reattori di IV generazione si differenziano da quelli attualmente in esercizio (appartenenti per oltre il 90% alla II generazione) per il sistema refrigerante che utilizza piombo o sodio invece di acqua; in questo modo, grazie alle caratteristiche fisiche del piombo o del sodio, è possibile garantire la presenza del refrigerante in qualsiasi condizione incidentale. Le proprietà intrinseche del refrigerante adottato e l’utilizzo di sistemi passivi rendono l’impianto estremamente affidabile, semplificando la gestione di eventuali incidenti.
[2] Prodotti dal Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives – CEA (Francia) e Nuclear Research and consultancy Group – NRG (Olanda).
[3] Le attività di simulazione vengono condotto attraverso il codice di performance TRANSURANUS, un software per l’analisi termica e meccanica delle barrette di combustibile irradiate nei reattori nucleari, sviluppato dal JRC-Karlsruhe.