Industry 4.0, un business da 1,2 miliardi di euro

8 Luglio 2016
Industry 4.0

La ricerca realizzata dall’Osservatorio Smart Manufacturing della School of Management del Politecnico di Milano delinea un quadro positivo dell’Industry 4.0 in Italia, a partire da alcuni dati che mostrano l’espansione del settore

 

Secondo l’Osservatorio dell’università milanese, un’azienda su tre ha già iniziato tre o più progetti in cui vengono impiegate le principali tecnologie digitali della cosiddetta Quarta Rivoluzione industriale: l’Internet of Things, il Cloud Manufacturing, l’Industrial Analytics, l’Advanced Automation, l’Advanced HMI e la manifattura additiva.

Il mercato italiano legato all’Industry 4.0 ha raggiunto il valore di 1,2 miliardi di euro, grazie soprattutto alla spinta all’innovazione impressa dalle grandi aziende di macchinari e da quelle attive nell’automotive: una cifra ragguardevole, se si pensa che gli investimenti industriali totali nel nostro Paese sono stati pari a circa 10-12 miliardi di euro. In particolare, l’espansione del mercato è stata trainata dallo sviluppo di applicazioni tecnologiche legate all’Industrial Internet of Things, che costituiscono il 66% del valore globale del business (con un valore di circa 790 milioni di euro), dall’Industrial Analytics (23% del business, pari a 270 milioni di euro) e dal Cloud Manufacturing (10% del totale, 120 milioni di euro).

L’Italia però ha ancora molta strada da percorrere sul fronte dello Smart Manufacturing: il 38% delle aziende ha dichiarato di non conoscere il tema dell’Industry 4.0, una lacuna che riguarda soprattutto le nostre PMI e conferma l’esistenza di un Digital Divide tra le grandi e le piccole realtà produttive. Inoltre, molti progetti sono fermi alla fase pilota, segno che nel nostro Paese questo business vive ancora uno “stato embrionale”.

Infine, gli analisti hanno stimato che nel 2016 gli investimenti delle imprese italiane nelle soluzioni per la Smart Factory cresceranno di circa il 20%. Una percentuale sicuramente elevata, ma che potrebbe essere insufficiente per colmare il gap che si è già creato tra l’Italia e altri Paesi europei – primo fra tutti la Germania –, che hanno già messo a punto da anni piani nazionali industriali per lo sviluppo e l’implementazione di queste tecnologie in fabbrica.

 

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