Una tecnologia sensoristica avanzata permette alle aziende agricole di migliorare la produttività e la qualità delle coltivazioni, incrementando la resa, riducendo lo spreco di acqua e limitando l’uso dei pesticidi.
Il 70% del consumo idrico mondiale dell’uomo è destinato all’agricoltura ma il 60% dell’acqua utilizzata in questo settore viene sprecata a causa di sistemi di irrigazione inefficienti. L’agricoltura è anche responsabile del 17% delle emissioni globali di anidride carbonica (CO2). Insomma, siamo posti di fronte all’urgenza di adottare pratiche agricole più sostenibili: una sfida colta da Plantvoice, startup che sta per lanciare sul mercato un’innovativa tecnologia sensoristica che permette di conoscere in tempo reale lo stato di salute e di stress delle piante attraverso un’accurata analisi della linfa.
Raccogliendo e analizzando i dati grazie all’intelligenza artificiale nativa si ottiene l’impronta digitale di ogni tipologia di stress (“le voci delle piante”), da quello dovuto alle infestazioni fino a quello dovuto alla siccità. È quindi possibile non solo prevenire la diffusione di cause di stress per le colture, ma anche migliorare la resa e la qualità delle coltivazioni, oltre che ottenere un risparmio economico, in termini di efficienza del consumo di risorse idriche, fertilizzanti e fitofarmaci.
A fondare la società Matteo Beccatelli – chimico, inventore specializzato nella realizzazione di tecnologie brevettate, con esperienza in diversi progetti di ricerca e sviluppo tra l’Italia e gli Stati Uniti nell’ambito della sensoristica (CNR e Bercella) – e il fratello, Tommaso Beccatelli – tecnico elettronico, imprenditore agricolo, ed esperto di tecnologie di additive manufacturing. L’azienda ha stabilito il suo headquarter nel NOI Techpark Südtirol/Alto Adige, il parco scientifico e tecnologico della Provincia autonoma di Bolzano che ospita tre Istituti di ricerca, quattro Facoltà della Libera Università di Bolzano, 45 laboratori scientifici, 90 fra aziende e start-up e diverse altre istituzioni italiane e straniere, tutte impegnate in attività di ricerca e sviluppo.
Molto importanti per lo sviluppo della tecnologia sono le collaborazioni accademiche con Eurac Research, Fondazione Bruno Kessler, l’Università di Milano, l’Università di Parma e l’Università di Verona che hanno seguito le sperimentazioni sul campo e si sono occupate proprio della validazione scientifica del brevetto.
“Plantvoice nasce dall’osservazione dei due principali problemi in agricoltura: il consumo idrico, che a livello mondiale dipende per gran parte dall’agricoltura, e lo sfruttamento del suolo. Quando abbiamo ideato la nostra tecnologia avevamo in mente di risolvere proprio questi problemi. E lo abbiamo fatto ideando uno strumento che non invade la natura e non la modifica, ma grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale fornisce informazioni utili alle aziende agricole per gestire al meglio tutte le risorse – dichiara Matteo Beccatelli, CEO e Co-Founder di Plantvoice – L’acqua è ormai un bene prezioso, i pesticidi hanno impatti su ambiente e salute umana, i fertilizzanti hanno effetti in termini di impoverimento del suolo: noi abbiamo creato un dispositivo, della dimensione e della forma di uno stuzzicadenti, che proprio grazie all’elaborazione intelligente di dati finora inaccessibili, rende possibile ridurre l’utilizzo di acqua e di sostanze chimiche.”
Come funziona Plantvoice – Plantvoice è una tecnologia sensoristica as-a-service avanzata che si traduce in un dispositivo fitocompatibile non invasivo, che viene introdotto direttamente nel fusto del vegetale, permettendo di avviare un monitoraggio in tempo reale dei dati fisiologici interni della pianta (la linfa). La rilevazione viene fatta adottando un approccio a “pianta sentinella”, che si realizza sensorizzando una pianta rappresentativa dell’appezzamento agronomico omogeneo in cui è inserita, della dimensione media di metà ettaro. Una volta captati i dati, il sensore li invia in cloud a un software di AI che li analizza utilizzando algoritmi personalizzati per fornire informazioni dettagliate, per esempio su un eventuale insufficiente apporto d’acqua o su un attacco di batteri e funghi. Informazioni che aiutano le aziende agricole a prendere decisioni tempestive per preservare la salute e la resa qualitativa delle coltivazioni e ad ottimizzare l’uso dell’acqua.
A differenza delle altre principali tecnologie agricole (es. sensori meteorologici, di suolo, di irraggiamento e di temperatura, immagini satellitari, droni, ecc), che forniscono agli agricoltori dati esterni alla pianta relativi all’ambiente che la circonda, la tecnologia Plantvoice raccoglie direttamente i dati interni dalla pianta (quasi come “un’elettrocardiogramma della pianta”), attinenti alla sua fisiologia, consentendo una rilevazione rapida delle anomalie nello stato di salute, minimizzando la latenza rispetto alle tecnologie concorrenti. Inoltre, grazie alla sua interfaccia API (Application Program Interface) consente l’integrazione con altre applicazioni software in modo tale che i produttori agricoli possano utilizzare i dati raccolti anche in altre applicazioni e strumenti, evitando una frammentazione poco funzionale di tutte le risorse 4.0 ora presenti nell’ambito agricolo.
Una di queste integrazioni è quella con ESGMax, la soluzione che semplifica la raccolta e l’analisi dei dati ESG, lungo tutta la filiera aziendale. Grazie alla partnership strategica avviata con Startup Bakery – startup studio italiano che la ha co-fondata insieme al CEO Massimo Ferri – Plantvoice è in grado di raccogliere e analizzare in maniera automatizzata tutti i dati rilevati dai sensori ai fini della redazione del report di sostenibilità. Plantvoice ha scelto inoltre di creare una tecnologia che sia essa stessa sostenibile: i biosensori sono realizzati con materiali biocompatibili e compostabili, e possono resistere all’interno della pianta per un’intera stagione vegetativa, consentendone quindi un utilizzo prolungato. La realizzazione avviene con tecniche di additive manufacturing, quindi poco energivore.