Sinochem non vuole fondersi con ChemChina, suo concorrente nel mercato cinese. L’annuncio è stato dato da Ning Gaoning, CEO dell’azienda, durante un forum finanziario a Hong Kong.
“Si tratta solamente di una voce che circola da tempo”, ha affermato Ning Gaoning. Nonostante sia stato dichiarato solo un pettegolezzo, la fusione è stata ritenuta molto credibile finora: il governo cinese avrebbe sicuramente interesse nell’incoraggiare il consolidamento e l’unione tra le società statali cinesi, così da creare campioni nazionali nei settori più importanti dell’economia.
L’ipotesi è stata ritenuta credibile anche per un ulteriore motivo: negli ultimi mesi ci sono state grandi fusioni nei trasporti marittimi (China Cosco Shipping), nelle ferrovie (Cnr-Csr) e nell’acciaio (Baosteel-Wuhan), dunque sembrava che ChemChina e Sinochem potessero essere le prossime nel settore della chimica.
Le due società, Sinochem e ChemChina, se dovessero davvero fondersi potrebbero trarne numerosi e impressionanti vantaggi, soprattutto nel campo della raffinazione del petrolio, ma non solo: le aziende sono leader anche nel settore dei fertilizzanti, in particolar modo Sinochem con la sua divisione Sinofert. Se la fusione divenisse realtà, otterrebbero un patrimonio di oltre 110 miliardi di dollari, superiore persino a quello della tedesca BASF.
ChemChina è già nota nel nostra paese, perché tramite il suo gruppo adesso controlla Pirelli. Il colosso cinese ha anche offerto 43 miliardi di dollari per l’acquisizione di Syngenta, importante gruppo agrochimico svizzero, specializzato in sementi e pesticidi. L’offerta risale allo scorso febbraio ed è già stata prorogata tre volte: la scadenza attuale è l’8 novembre, data utile all’Antitrust europea per pronunciarsi in merito alla fusione.